Come scegliere e utilizzare al meglio i fertilizzanti per la coltivazione idroponica

La coltivazione idroponica, ossia quella che viene concretizzata fuori terra, è sempre più popolare. Su larga scala, permette infatti di apprezzare una riduzione del consumo di suolo. Nel momento in cui, invece, viene applicata in contesti domestici, consente di andare oltre ai cicli stagionali, ottenendo specifici ortaggi o piante in qualsiasi momento dell’anno.

Considerata una soluzione semplice e sostenibile per realizzare un piccolo orto in casa, la coltivazione idroponica richiede attenzione alla scelta dei fertilizzanti. Quali sono le indicazioni da seguire in questa fase? Scopriamolo nelle prossime righe.

Fertilizzanti per la coltivazione idroponica: come sceglierli?

Quando si parla della scelta dei fertilizzanti per la coltivazione idroponica, è necessario rammentare che le piante coltivate con questa tecnica necessitano prima di tutto di tre nutrienti. Quali di preciso? Azoto, fosforo e potassio. Nel momento in cui si acquista un prodotto per la fertilizzazione delle piante coltivate con approccio idroponico, è cruciale leggere l’etichetta in modo da farsi un’idea della concentrazione dei suddetti elementi.

Accanto ai nutrienti sopra menzionati, che possono, a ragione, essere definiti necessari, ne esistono altri che devono essere chiamati in causa nelle varie fasi di crescita della pianta. Dal calcio, al magnesio, fino allo zolfo, al molibdeno e al boro: ecco i nutrienti che, se si ha intenzione di far crescere al meglio le proprie piante, è il caso di aggiungere a quelli necessari elencati nel paragrafo precedente.

Un consiglio utile per quanto riguarda la seconda categoria di nutrienti riguarda il fatto di focalizzarsi verso i fertilizzanti biologici, soluzione che ha il vantaggio di essere salubre – ricordiamo che sono tantissime le persone che scelgono la tecnica idroponica per coltivare in casa ortaggi da portare poi in tavola – e sostenibile dal punto di vista ambientale.

L’importanza del controllo delle quantità

Quando si parla di fertilizzazione delle coltivazioni idroponiche – ovviamente stiamo trattando quelle portate avanti in contesto domestico – è doveroso non solo soffermarsi sulle tipologie di nutrienti, ma anche sulle quantità. Fondamentale, da parte di chi coltiva, è controllare sempre il fattore sopra menzionato. Se si ricorre a una quantità esigua di fertilizzante, il rischio è quello di vederle eccessivamente deboli e denutrite. La situazione contraria, ossia l’eccesso quantitativo, porta a bruciarle e a comprometterne definitivamente la sopravvivenza.

Chi inizia da zero a coltivare con tecnica idroponica, deve sapere che i prodotti per la fertilizzazione delle piante devono essere sempre diluiti in acqua. Essenziale è quindi parlare di concentrazione. In linea di massima, un range ideale è quello compreso tra 150/200 e 600 ppm (acronimo per “parti per milione”).

Nodale è rammentare che, nella maggior parte dei casi, il coltivatore domestico ha la possibilità di ottenere risultati eccellenti con una concentrazione compresa fra le 300 e le 400 ppm. Quando si acquistano i nutrienti per fertilizzare le piante coltivate con approccio idroponico, è cruciale informarsi bene sulle sostanze che non possono essere mescolate tra loro.

Come muoversi nel corso delle diverse fasi di crescita

La quantità di fertilizzanti nella coltivazione idroponica cambia a seconda della fase di crescita delle piante. Un fattore da considerare riguarda anche il luogo preciso in cui le piante vengono coltivate. A tal proposito, va chiamata in causa la scelta di coltivare con approccio idroponico in grow room. In questi frangenti, quando arriva la fase di fioritura, diversi coltivatori scelgono di abbondare nel ricorso di fertilizzanti. Come mai? Perché, in questo modo, è possibile sfruttare al massimo il mix dato dall’efficienza delle luci e dei sistemi di ventilazione.

L’importanza del pH

Concludiamo con una parentesi dedicata all’importanza del pH. L’intervallo ideale è quello compreso tra 5,5 e 6,3. Nei casi in cui si esce da questi valori, il rischio è quello di compromettere l’efficienza dell’assorbimento dei nutrienti. Alla luce di ciò, è essenziale controllare costantemente il grado di acidità con strumenti ad hoc come il piaccametro.